Grotta del Buco del Frate

La grotta è accessibile da due ingressi, uno principale più ampio (dolina di crollo) e uno secondario, di minori dimensioni. Entrambi si collocano entro un bosco di passaggio fra l’ostrieto termofilo e la boscaglia submediterranea di roverella degli ambienti carsici.

La zona più esterna (tra i due cancelli) è colonizzata da una boscaglia mista di nocciolo, olmo minore, sambuco nero, acero campestre, caprifoglio peloso. La flora vascolare si addentra nella grotta solo con qualche timido esemplare di parietaria, inizia un mondo troglobio (di grotta) riservato a muschi, alghe e licheni, gli unici elementi vegetali adattati a queste particolari condizioni di illuminazione, umidità e temperatura.

L’ingresso secondario è lievemente più illuminato, la copertura arborea è più rada e sono molte le specie tipiche dei margini boschivi come il ciliegio canino, la sanguinella, la vitalba, il caprifoglio. Come per l’ingresso principale, rami di edera scendono dalle rocce, rari esemplari di felci e parietarie bordano la bocca della grotta, finché sopravvivono solo muschi, alghe e licheni.

Per quanto riguarda i chirotteri, recenti indagini hanno permesso di scoprire l’esistenza di 20 esemplari di miniottero all’interno dell’”Anticamera della voragine” e due esemplari di rinolofo maggiore all’interno del “Dometto dei pipistrelli”. In totale sono state rilevate otto specie diverse, appartenenti a tre famiglie differenti (Fam. Rhinolophide, Fam. Vespertilionidae, Fam. Miniopteridae) che denotano una notevole diversità specifica all’interno della grotta ed anche un grande interesse conservazionistico (cinque delle specie rinvenute sono inserite nella Direttiva Habitat), da proteggere con la costituzione di una ZSC (Zona Speciale di Conservazione).

Da osservare soprattutto che la presenza di miniotteri all’interno della grotta è unica in Lombardia, quindi la sua protezione, in particolare in un periodo critico come quello dello svernamento, deve essere considerata di interesse prioritario. Altro dato importante riguarda il rinvenimento di una femmina allattante di orecchione alpino, segno di avvenuta riproduzione della specie, probabilmente proprio all’interno del Monumento Naturale.

L’associazione di specie di chirotterofauna all’interno della cavità ipogea è tipica di regioni a clima mediterraneo: la maggior parte delle specie rilevate è termofila e caratteristica di ambienti collinari di bassa quota. I fattori di unicità di questa grotta sono quindi probabilmente da ricercare nelle sue caratteristiche climatiche.

Da notare comunque che le specie rilevate hanno subito un forte declino su scala Europa negli ultimi 50 anni per molteplici cause, tra cui la perdita di habitat idoneo al foraggiamento, allo svernamento e alla riproduzione, nonché all’utilizzo di pesticidi in agricoltura e al disturbo antropico.

La situazione della chirotterofauna presente all’interno del Buco del Frate è estremamente delicata. La protezione della grotta e della chirotterofauna presente deve essere considerata prioritaria, insieme all’identificazione delle cause del declino della sua popolazione. Un codice di comportamento corretto durante le attività speleologiche o durante le visite turistiche alla grotta (evitare eccessivo rumore, fumo o flash della macchina fotografica) è alla base della conservazione del delicato equilibrio in cui vivono questi organismi, all’interno della propria dimora.

La cavità ospita anche numerosissime specie di invertebrati, di alto interesse biologico per la loro limitata area di distribuzione ed appartenenti, per la maggior parte, alla famiglia dei Coleotteri. La presenza di guano prodotto dai pipistrelli consente la vita di una ricca fauna di grotta, ma l'importanza del Buco del Frate è legata anche e soprattutto alla micro-fauna che la grotta ospita. Si tratta di alcuni elementi endemici (cioè viventi in pochissime località di un'area limitata) di entomofauna troglobia, quella cioè che abita i recessi più interni delle caverne, nel buio più profondo e quindi in assenza di ogni forma di vegetazione fotosintetizzante. La materia organica necessaria alla vita di questi insetti attraverso una pur breve catena alimentare è offerta dal guano ovvero dagli escrementi, delle colonie di pipistrelli frequentanti la grotta, seppur in numero sempre più ridotto nel corso degli ultimi anni. Questi insetti sono perfettamente adattati all'ambiente cavernicolo, ciechi per l'inutilità di organi di percezione visiva nel buio più totale, dotati invece di lunghe antenne sensibili e lunghi arti. 

Nella grotta sono state compiute fruttuose campagne paleontologiche di scavo, che hanno portato al rinvenimento di notevoli quantità di reperti fossili, appartenenti alla fauna preistorica. Si rinvennero reperti abbondanti e interessanti con fossili di micromammiferi, di lupo, jena, marmotta, castoro, gulo gulo o ghiottone, e, soprattutto, uno scheletro completamente ricomposto di Ursus spelaeus, ossia orso delle caverne, che costituisce uno degli esemplari più belli dei nostri musei.

Ultima modifica: Mar, 03/03/2015 - 10:30